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Magazine Intelligenza Artificiale: l'IA è più di quello che appare

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Resurrezione digitale: fascino e paura dei deathbot

Persone ad un funerale

I deathbot stanno diventando sempre più realtà: Ozzy Osbourne è apparso digitalmente al concerto di Rod Stewart, mentre i genitori di Joaquin Oliver, ucciso in una sparatoria scolastica, hanno creato un avatar del figlio per ritrovare la sua voce; Alexis Ohanian ha animato una foto della madre defunta, rivedendo l’abbraccio 50 volte.

Questi avatar digitali, nello specifico, nascono da foto, video e messaggi vocali maneggiati dall’intelligenza artificiale. Per evidenziare la vastità del fenomeno, basti vedere che il mercato cinese vale già miliardi e la tecnologia si diffonde rapidamente. Un sondaggio rivela che il 14% delle persone troverebbe conforto nell’interagire con versioni digitali dei propri cari scomparsi, soprattutto i più giovani.

Nonostante ciò, però, gli esperti sono divisi sui benefici. Da una parte, alcuni vedono possibili applicazioni terapeutiche, mentre, dall’altra si teme che i deathbot possano ostacolare il processo del lutto, creando dipendenza invece che accettazione, oltre alle preoccuppazioni derivanti dalle rappresentazioni “sanitizzate” delle persone e lo sfruttamento commerciale del loro dolore. Dunque, come avverte la psicologa Elaine Kasket, il rischio è patologizzare il lutto, trasformando un’esperienza umana normale in un problema tecnologico. La morte fa parte della vita e tentare di aggirarla con l’IA potrebbe renderci psicologicamente più fragili.

Leggi l’articolo completo Digital resurrection: fascination and fear over the rise of the deathbot su The Guardian.

Immagine generata tramite DALL-E 3. Tutti i diritti sono riservati. Università di Torino (10/08/2025).

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